'Stop al commissariamento della Calabria': l'appello di Siclari al ministro Speranza

"Si tratta di uno strumento sbagliato ed inadeguato per le esigenze della sanità calabrese". La nota del senatore azzurro

«Vista la situazione drammatica della sanità calabrese ho dovuto presentare un’interpellanza urgente al Ministro della Salute, On. Speranza, perché ponga fine al commissariamento in Calabria. Dalla stessa relazione al disegno di legge 30 aprile 2019 n. 35 c.d. Decreto Calabria emerge che “il sistema sanitario della regione Calabria, sottoposto da tempo a un’azione di risanamento attraverso lo strumento dei Piani di rientro e, da alcuni anni, alla gestione commissariale, registra, nonostante i molteplici interventi sostitutivi governativi, una grave situazione di stallo, se non di peggioramento della maggior parte degli indici di misurazione sia delle capacità organizzative/gestionali del servizio sanitario regionale nelle sue diverse articolazioni, sia del corretto utilizzo delle risorse, sia, infine, della qualità dei servizi sanitari resi ai cittadini e nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza».

Lo ha dichiarato il senatore forzista Marco Siclari ribadendo:

«La durata ultradecennale del commissariamento con la successione di più organi e persone che hanno incarnato il ruolo, dapprima, il Presidente della Regione Calabria, poi tecnici di nomina governativa, dimostrano, in maniera evidente che per garantire il diritto alla salute e per azzerare il debito sanitario della regione Calabria, lo strumento commissariale è inadeguato: ad oggi il debito non è stato azzerato, anno per anno il deficit alimenta l’aumento del debito e tutto ciò in presenza del blocco del turn-over che ha determinato ormai la carenza strutturale di personale, dell’aumento della tassazione e dell’imposizione fiscale a carico di cittadini calabresi, insomma, per un verso abbiamo ottenuto il peggioramento dell’assistenza sanitaria calabrese, senza che la qualità dell’assistenza non abbia raggiunto il punteggio LEA di 136, inferiore al minimo legale di 160, in una situazione di abbandono delle strutture sanitarie, di assenza delle apparecchiature e delle strumentazioni salva-vita, di assenza e/o di malfunzionamento delle minime infrastrutture di supporto, come gli ascensori e, per altro verso, abbiamo impoverito i calabresi, oberandoli con un surplus di carico fiscale.

Il commissariamento è da eliminare, perché avrebbe dovuto raggiungere obiettivi che non ha nemmeno sfiorato: sarebbe stato accettabile un commissariamento che a LEA invariati avesse ridotto il debito, ma così non è stato; oppure un commissariamento che a debito non ridotto avesse migliorato l’assistenza sanitaria calabrese, ma così non è stato. E’ chiaro che non si tratta di uomini, perché quelli sono cambiati, non si tratta di personale sanitario, perché grazie al blocco del turn-over, è rimasto sostanzialmente invariato: è il tipo di strumento che, se non riesce ad incidere nell’immediato (12 o 18 mesi) sulla riduzione del debito e sul livello di assistenza, non è idoneo.  Alle altre inefficienze sanitarie in Calabria si aggiunge la piaga dell’emigrazione sanitaria.

Il saldo della mobilità, in  Calabria,  ha un andamento fortemente negativo. Nel 2017 è stato pari a oltre – 293 mln di euro, che impattano negativamente su tutti i residenti: infatti, dividendo tale saldo per il numero degli abitanti, la Corte dei conti ha calcolato che nel 2017, per ogni cittadino calabrese, il fenomeno della mobilità ha avuto un costo di € 150 euro. È il valore pro capite peggiore d’Italia ed in continuo aumento. Insomma le risorse economiche private e pubbliche potrebbero e dovrebbero essere utilizzate per migliorare il sistema ed i servizi sanitari ed invece vengono dirottati verso un risanamento finanziario che non ha mai fine. E’ evidente che si tratta di uno strumento sbagliato ed inadeguato per le esigenze della sanità calabrese», ha così concluso il senatore azzurro.