Ponte sullo Stretto, La Strada: ‘Simbolo di un modello politico superato’

"Tema dei temi per il campo progressista, capace di tenere insieme giustizia sociale, ambientale, territoriale e istituzionale" la nota

Ponte Stretto Messina 1

Il Ponte sullo Stretto non è solo un’opera irrealizzabile e che dà l’alibi all’abbandono delle reali necessità di mobilità nell’Area dello Stretto. È diventato il simbolo di un modello politico che antepone interessi
privatistici a quelli collettivi, e che rischia di compromettere definitivamente il futuro delle aree interne e
dell’intero Mezzogiorno. Per questo motivo, rappresenta oggi il vero banco di prova per il campo
progressista
: un tema enciclopedico, capace di tenere insieme giustizia sociale, ambientale, territoriale e
istituzionale.

Si tratta di un’opera imposta dall’alto, senza confronto democratico con le comunità che abitano lo Stretto. Il progetto del Ponte è stato rilanciato dal Governo, in particolare dalla Lega, come atto di forza, senza alcun serio confronto con i territori. Sindaci, amministrazioni locali e cittadinanza sono stati ridotti a
spettatori passivi, destinatari di compensazioni che rischiano di tradursi in opere minori e temporanee. È un metodo che mortifica la democrazia e marginalizza il ruolo degli enti locali.

Una visione obsoleta di sviluppo e mobilità

Siamo di fronte a un modello di sviluppo superato, dannoso per l’ambiente e per i diritti. Il Ponte è figlio di una visione novecentesca della mobilità, spacciata per innovazione. Le risorse vengono sottratte a interventi realmente strategici: dalla messa in sicurezza dei territori alla costruzione di infrastrutture essenziali per la vita quotidiana delle comunità. A farne le spese saranno l’ambiente – già fragile e prezioso nell’Area dello Stretto – e i servizi pubblici, sempre più depotenziati dai tagli ai Fondi di
Coesione.

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L’approccio emergenziale e derogatorio adottato per accelerare la cantierizzazione dell’opera alimenta il
rischio di infiltrazioni mafiose. Il contrasto alla criminalità resta, nei fatti, simbolico. Non va sottovalutata,
inoltre, l’insistenza sulla dimensione strategica e militare dell’intervento, che rischia di trasformare l’Area
dello Stretto in una piattaforma bellica nel Mediterraneo. Si rimettono indietro le lancette della storia alle
dinamiche della guerra fredda e si trasforma l’Area dello Stretto in un obiettivo sensibile. Tutto ciò per
andare in ennesima deroga alle regole che impedirebbero -per impatto ambientale, criteri antisismici tra le altre cose- perfino la cantierizzazione.

Libertà a rischio: il Ponte come banco di prova per misure repressive

Preoccupa inoltre l’uso del cosiddetto “Decreto Sicurezza” per reprimere il dissenso legittimo. Il Ponte
potrebbe diventare il primo banco di prova per misure autoritarie, mirate a limitare la libertà di espressione e protesta nei territori. Oggi, più che mai, serve una reazione coraggiosa da parte della classe dirigente locale, chiamata alla responsabilità di difendere il territorio da questa aggressione all’ecosistema dello Stretto e al benessere delle sue comunità.

Non possiamo limitarci a gestire il disastro. Come scriveva Corrado Alvaro, serve un impegno autentico per non essere una classe dirigente che “lucra politicamente sui disastri”. Il Ponte sullo Stretto è il tema dei temi. Capire questo significa porre al centro dell’agenda nazionale le vere priorità del Sud e del Paese. Sta a noi decidere se esserne protagonisti o complici silenziosi.