Stop 5G a Reggio, Isernia (UniRC): 'Dovremmo sentirci più sicuri anziché preoccupati'

Il direttore del DIIES spiega, ai microfoni di CityNow, tutto sul 5G: 'Mentre noi discutiamo, in alcune parti del mondo già si parla di 6G'

Che il dibattito sul 5G fosse ‘molto acceso’ lo si era intuito già da un po’, ciò che però non ci si aspettava proprio, a Reggio Calabria, era l’ordinanza che mette fine all’installazione della nuova tecnologia.

Solamente qualche mese fa, il sindaco Giuseppe Falcomatà aveva chiesto il parere degli esperti per capire come muoversi di fronte ad una tecnologia, già ampiamente utilizzata in altre parti d’Italia, d’Europa e del mondo. All’indomani dell’ordinanza “Stop 5G”, l’Università Mediterranea, coinvolta dal primo cittadino ha tenuto, però a precisare la sua posizione.

Per tale motivo la redazione di CityNow ha intervistato il direttore del dipartimento DIIES, il prof. Tommaso Isernia che ha fatto luce sul tanto ‘temuto’ 5G.

Fa male, non fa male, quali saranno le conseguenze del suo impiego? Negli ultimi mesi se ne sono sentite veramente di tutti i colori. Quando si hanno dei dubbi, la cosa migliore da fare è informarsi attraverso canali istituzioni e figure di esperti nel settore. Ad esempio, sia l’Istituto Superiore di Sanità che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non troppo tempo fa avevano dato una sorta di via libera agli organi competenti per l’impiego del 5G in quanto “Non esistono particolari pericoli riguardato a questa tecnologia”.

A tal proposito, in riferimento anche alla querelle per la decisione improvvisa dell’amministrazione Falcomatà, il prof. Isernia ha affermato:

“Siamo rimasti sorpresi dall’ordinanza del sindaco ed, in particolar modo, al richiamo all’Università Mediterranea. Ci siamo incontrati solamente 1 volta intorno il 10 maggio, concordando un tavolo di lavoro in cui sarebbero state messe a disposizione le competenze reciproche. Il nostro lavoro, però, è rimasto fermo a quel giorno. Abbiamo dato massima disponibilità, ma al momento non siamo mai andati oltre quell’incontro preliminare, per cui non ci riteniamo coinvolti nella decisione”.

Il parere dell’esperto

“Gli studi sugli effetti dei campi elettromagnetici a radiofrequenza partono dagli anni ’80 – spiega il prof. Isernia ai microfoni di CityNow. Mi ricordo che ero ancora uno studente all’Università Federico II di Napoli e già erano in atto, poi ovviamente sono continuati negli anni successivi.

Attualmente, all’interno della comunità scientifica, non c’è preoccupazione sugli effetti dei campi elettromagnetici salvo quelli termici che nessuno nega (come ad esempio il microonde). Si tratta, ovviamente, di intensità diverse rispetto a quelle impiegate dalla telefonia cellulare. Per quello che riguarda altri effetti ci sono alcuni studi, che vengono spesso citati (Istituto Ramazzini e National Toxicology Program) che sono stati, però, contestati. C’è da dire che i livelli di campo presi in esame da questi studi, eccedono la normativa italiana. Sono infatti (nei casi in cui si evidenzia qualche effetto) livelli più alti o anche molto più alti del consentito.

La  IARC (International Agency for Research on Cancer) inserisce i campi elettromagnetici nella categoria 2b (possibilmente cancerogeni) a cui appartengono anche carciofi, piselli. Le fritture a noi tanto care, ad esempio, vengono riportate nella categoria 2a, ovvero probabilmente cancerogeni. È in atto una revisione della classificazione che non si sa però come evolverà. Se infatti da una parte ci sono studi che sostengono la possibile pericolosità di questa tecnologia, dall’altra, ce ne sono molti di più che, invece, la negano”.

E per quanto riguarda, appunto, la normativa italiana il professore dell’Università Mediterranea spiega:

“Il fatto che sia la più severa in Europa, mi fa stare tranquillo. Di certo, però, non la inasprirei. Ricordiamoci che la comunicazione cellulare e la tecnologia wireless stanno diventando un’infrastruttura importante nella gestione del lavoro a distanza (che può essere un elemento di grande interesse per molti cervelli calabresi attualmente fuori sede), della tele didattica e di altro. Si pensi che, mentre noi discutiamo del 5G, in alcune parti del mondo già si parla di 6G“.

Confronto tra il 4G e il 5G

Ciò che preoccupa gli utenti è l’innalzamento delle frequenze:

“Per caratterizzare un segnale si deve fare riferimento alle frequenze ed all’intensità (qual è la potenza delle emissioni). Per ciò che concerne le installazioni che si stanno attuando, in questo momento, le frequenze sono essenzialmente le stesse del 4G (e in ogni caso come valori di frequenza tra quelle già in uso per il digitale terrestre e al di sotto di quelle del WiFI) e quindi  già largamente utilizzate.

Una delle innovazioni è, che a parità di frequenza, c’è una maggiore densità di celle (ci sono più stazioni radio base). Riflettendoci su, e contrariamente a quanto il primo intuito suggerirebbe, questo comporta in definitiva, a parità di traffico, minori emissioni”.

Infatti, se ci si ferma un attimo a riflettere, la maggiore causa di emissione del campo elettromagnetico non sono le stazioni, bensì i cellulari.

“Se il mio telefono ha una stazione vicina irradierà di meno. Allo stesso modo, la stazione per raggiungere il mio telefono dovrà ‘fare meno fatica’. Potrà anche essere ‘antipatico’ da un punto di vista estetico avere un numero maggiore di stazioni- prosegue il direttore del dipartimento di ingegneria. Ma da un punto di vista di vista elettromagnetico, le intensità di picco (che sono quelle che preoccupano ndr.) sono nettamente inferiori.

Inoltre, mentre 1G, 2G e tutte queste tecnologie precedenti impiegavano campi isotropi (una specie di lampadina al soffitto che irradia allo stesso modo in tutte le direzioni dello spazio), nel 5G è previsto che l’irradiazione sia di natura direttiva (come una specie di torcia), quindi non vi sono emissioni spurie nello spazio, ma vengono indirizzate ai singoli utenti”.

Conseguenza naturale, dunque è il fatto che una maggiore distribuzione di antenne sul territorio, potrebbe ridurre le emissioni.

“Mentre con la vecchia tecnologia la stazione radio base mandava un segnale che arrivava contemporaneamente sia a chi utilizzava il dispositivo che a chi, invece, non ne aveva bisogno. Adesso, con il 5G, ed estremizzando un po’ il concetto (bisogna che gli utenti siano sufficientemente distanti tra loro), il campo arriva in prima approssimazione soltanto a chi è interessato a quella specifica informazione”.

Per ciò che riguarda la salute pubblica, andare verso il 5G dovrebbe, quindi, farci sentire più sicuri anziché più preoccupati.

“È anche interesse degli operatori ridurre le emissioni. Questi ultimi hanno, naturalmente, interesse a risparmiare energia. A ciò, però, sono interessati anche i produttori di cellulari, perchè così facendo le batterie durerebbero di più ed anche i clienti sarebbero maggiormente soddisfatti. Alcune volte, capita che le preoccupazioni degli utenti coincidano con dei vantaggi per l’imprenditoria. Non bisogna guardare agli operatori sempre con sospetto, ad esempio, in questo caso, c’è una coincidenza di intenti”.  Ovviamente gli operatori considerano anche un diverso punto di vista ovvero, attraverso le innovazioni tecniche di cui sopra, aumentare i servizi a parità di emissioni”.

Infine, il direttore del dipartimento ribadisce il suo commento iniziale in merito alla decisione di fermare questo nuovo tipo di tecnologia nella città dello Stretto, e profitta per richiamare le competenze disponibili in città:

“Come dipartimento siamo rimasti sorpresi dall’ordinanza del sindaco e del suo riferimento alla Mediterranea. Al DIIES abbiamo un ambiente vivace, con picchi di eccellenza in diversi ambiti della Ingegneria dell’Informazione. In particolare, abbiamo un eccellente gruppo di telecomunicazioni (cui afferiscono in questo momento anche quattro dottorandi stranieri), che lavora tra l’altro anche sul 5G.

E come gruppo di Campi Elettromagnetici ci interessiamo anche delle interazioni tra Campi Elettromagnetici e Biosistemi (in collaborazione con gruppi italiani e e stranieri) ed in particolare delle applicazioni di imaging e terapeutiche delle microonde. Tutte queste competenze, e la capacità di monitorare i livelli di campo sul territorio, sono ovviamente a disposizione della comunità.  Auspico ovviamente, anziché uno o pochi incontri sporadici, un coinvolgimento effettivo e costante”.