'Ndrangheta sull'ASP di Reggio: il direttore, la gloria e la mafia-sanità

Nel racconto del collaboratore Marcello Fondacaro, l'ascesa di Salvatore Barillaro all'ombra dei Piromalli

La gestione parallela dell’Asp di Reggio pensata e messa in piedi sotto la supervisione dei Piromalli, prevedeva una struttura costruita sull’appoggio di medici e funzionari più che compiacenti, al cui vertice avrebbe agito, Salvatore Barillaro che «in cambio della nomina ottenuta quale direttore sanitario del distretto tirrenico dell’Asp» offriva alla cosca la possibilità

«di controllare pienamente e di interferire nella gestione del settore sanitario, conferendo incarichi a uomini di fiducia, intervenendo nei trasferimenti e garantendo la liquidazione dei mandati di pagamento al laboratorio Minerva dei Tripodi».

Un meccanismo studiato per non lasciare nulla al caso che, anche sfruttando il pantano amministrativo delle leggi sull’accreditamento privato al Servizio sanitario, era in grado di gestire chi era dentro e chi fuori dal dorato mondo delle convenzioni. Secondo quanto ricostruito dai magistrati della distrettuale antimafia dello Stretto, questo meccanismo era possibile grazie alla piena disponibilità che Barillaro avrebbe fornito a Fabiano Tripodi e di conseguenza al clan dei Piromalli.

NON SONO QUI PER LA GLORIA

Di Barillaro ha parlato più volte il collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro, l’ex ras della sanità gioiese con affari importanti nella Capitale, che ai magistrati ha raccontato di come fu proprio lui, prestigioso colletto bianco della cosca Molè, a presentare a Eugenio Tripodi, quel medico di Gioiosa che conosceva dai tempi in cui era stato suo professore alla facoltà di medicina alla Sapienza di Roma.

«Barillaro si era trasferito da Milano in Calabria perché voleva conoscere la “mafia-sanità” –  racconta il collaboratore di giustizia ai magistrati – mi diceva “io non sono qui per la gloria”.

Mi confidò che doveva sistemare la moglie e aveva trovato per lei collocazione nella struttura di Don Cocolo di Tresilico». E che non fosse tornato in Calabria per la gloria, Fondacaro se ne rende conto ogni volta che i due si incontrano, l’uno imprenditore della sanità  all’ombra dei Molè, l’altro funzionario Asp dalla carriera inarrestabile  sotto la guida di Tripodi.

«In un occasione lo vidi con Fabiano, nell’anno 2012. Gli chiesi che tipo di legame avessero, Barillaro mi rispose “ho costruito una villa e l’ho costruita nella zona reggina”.

«Non ricordo se la villa era a Gallina o Gallico – mette a verbale Fondacaro –  in quel periodo Fabiano operava nel settore edilizio e gli aveva regalato i materiali di costruzione della villa. In pratica mi disse che la sua villa era sta costruita dai Tripodi. Seppi che Tripodi oltre alla villa regalò un veicolo Alfa Romeo a Barillaro».

Un racconto dai contorni agghiaccianti su cui resta, come fotografia della claudicante sanità reggina, la candida ammissione che Barillaro fa al vecchio professore a cui spiega come vanno le cose:

«Marcello che vuoi, quando uno occupa un posto come il mio, i regali arrivano».