Caso Quattrone, l'imprenditore reggino continua la protesta e si incatena a Roma - FOTO

Continua la protesta di Quattrone Francesco Gregorio, davanti al palazzo della Corte di Cassazione per l'ingiustizia subita

Non si ferma la battaglia del sig. Quattrone, noto imprenditore reggino che nelle scorse settimane ha fatto parlare di sé per l’azione di protesta davanti all’ingresso del Cedir di Reggio Calabria.

Il 14 giugno l’imprenditore che gestiva diverse attività a Gallina si era incatenato davanti alla torre 3. Per quattro giorni è rimasto in piedi lì, davanti al via vai di avvocati e giudici per comunicare silenziosamente il suo grido di dolore.

“Mi hanno arrestato nel 2010 con l’accusa di associazione a delinquere. Dopo 20 giorni però sono uscito dal carcere per assenza di gravi indizi. In automatico, con l’associazione, in Italia scatta il sequestro dei beni. Avevo due ristoranti, due pizzerie ed un albergo. Una mattina sono arrivati e mi hanno sequestrato tutto lasciandomi con 372 euro in tasca e mi hanno detto ‘da ora partirete con questi”.

Così il sig. Quattrone spiegava ai nostri microfoni la sua situazione giudiziaria che ha conquistato l’attenzione mediatica e successivamente anche dell’avv. Vazzana, nuovo legale di fiducia della famiglia.

Il dramma giudiziario e la protesta dell’imprenditore reggino continua adesso, dopo una brevissima pausa per problemi di salute, a Roma, davanti alla Corte Suprema di Cassazione.

In piazza Cavour, il sig. Quattrone prosegue la contestazione silenziosa.

“Stritolato e derubato ingiustamente dalla giusta giustizia? La cerco e la voglio. Accusato di associazione mi sequestrano e confiscano tutti i beni frutto di lavoro e sacrifici onesti da 50 anni accumulati per poi assolvermi in primo grado perchè il fatto non sussiste ma i beni rimangono allo stato. Chiedo e voglio la giusta giustizia”.

E in un video aggiunge:

“Mi hanno annullato il ricorso il 25 maggio. Mi ritrovo tutti i beni confiscati definitivamente nonostante l’assoluzione. Chiedo giustizia e chiedo a questi signori di uscire dal Palazzo per darmi risposte concrete”.