Lavoro e occupazione giovanile, la Calabria sul podio delle peggiori

La Calabria si attesta come una regione per vecchi (assieme a Sicilia e Campania) con un dato che vede l’occupazione giovanile ferma al 25,5%

L’Italia è un paese per vecchi, almeno dal punto di vista del lavoro.

La fascia più giovane della popolazione europea rappresenta il gruppo maggiormente colpito dalla crisi economica e finanziaria del 2008. Lo rivela il dossier di Agi/Openpolis su dati Eurostat sulla situazione del mercato del lavoro nell’Ue e in Italia.

E il Paese è trascinato verso il basso dalle Regioni del Meridione.

La Calabria è sul podio delle peggiori (assieme a Sicilia e Campania) con un dato che vede l’occupazione giovanile ferma al 25,5%, di fronte a una media italiana del 37,8 (quella europea è quasi del 64%). Una regione per vecchi, anche alla luce del fatto che i giovani laureati emigrano, come confermano i dati riportati dagli ultimi rapporti economici.

Il nostro Paese si piazza in penultima posizione per percentuale di occupati sulla popolazione tra i 20-29 anni (con il 42,7%) nel 2017 davanti solo alla Grecia (42,2%) e dietro alla Spagna (51,4%). Sul podio Malta che ha il 78,5% di giovani che lavorano davanti a Olanda (76,5%) e Regno Unito (76,5%). Dalla classifica emerge come siano gli stati del Sud Europa quelli con maggiori difficoltà.

In Italia e Grecia meno della metà dei giovani hanno un lavoro, con una distanza di 20 punti percentuali dalla media Ue del 63,9%. Osservando l’andamento nel tempo, la percentuale di giovani occupati in Ue non è ancora tornato ai livelli pre-crisi con una variazione negativa (-1,7 punti percentuali) del tasso di occupazione giovanile, tra il 2008 e il 2017. Se in Italia l’Occupazione giovanile è diminuita di 11 punti in 10 anni (dal 53,4% al 42,7%), emergono alcuni Paesi in cui si è invece verificato un aumento della percentuale di lavoratori giovani. In Germania e Regno Unito ad esempio il tasso di occupazione giovanile è aumentato di 2,5 punti percentuali. L’Italia presenta il peggioramento più significativo. Il nostro Paese si trova all’ultimo posto per divario tra lavoratori giovani e anziani. Sono quattro i paesi Ue (Italia, Svezia, Bulgaria e Danimarca) con una percentuale di lavoratori anziani superiore a quella dei lavoratori giovani. Tra questi, l’Italia spicca per il maggior divario: il 42,7% dei giovani italiani sono occupati, contro il 52,2% dei lavoratori anziani.

A livello regionale, la situazione occupazionale giovanile si diversifica, anche in questo caso, di una grande disparità tra Nord e Sud. L’occupazione giovanile è sotto il 30% nelle regioni del Sud mentre quelle del Nord hanno un tasso superiore alla media italiana, che corrisponde al 37,8%. Chiudono la classifica Sicilia (22,3%), Campania (22,6%) e Calabria (25,5%).

Paragonando i due estremi opposti della classifica, la provincia autonoma di Bolzano ha un tasso di lavoratori giovani superiore di 38 punti percentuali a quello della Sicilia. Le regioni del sud Italia, insieme a Bolzano, presentano i minori cali del tasso di occupazione giovanile. Tuttavia, bisogna considerare che le aree del Meridione hanno registrato nel 2018 livelli ampiamente inferiori rispetto alle regioni del Nord, e per questo necessitano maggiormente un aumento dell’occupazione giovanile. I dati regionali sul tasso di Neet confermano la difficile situazione occupazionale dei giovani in meridione. Tutte le regioni del sud Italia hanno più del 26% della popolazione tra i 15-29 anni che non lavora e non studia, al di sopra della media italiana del 23,4%.

Il dato complessivo sull’occupazione – sempre dal dossier Agi/Openpolis – conferma lo sprofondo calabrese. Nella provincia autonoma di Bolzano gli occupati son il 79% della popolazione (tra i 20 e i 64 anni), in Sicilia appena il 44,1%: un abisso di 35 punti percentuali. Basandosi sui dati Istat 2018, vi è una forte discrepanza tra le regioni del Nord, tutte al di sopra della media del 63%, e quelle del Sud, che presentano i tassi di occupazione più bassi: Campania 45,3%, Calabria 45,6%, Puglia 49,4%.

In Emilia Romagna, invece, la percentuale di occupati è del 74,4%, nella Provincia di Trento del 73,6%, in Valle d’Aosta del 72,9% e in Lombardia del 72,6%. Rispetto al 2008, la situazione della Sicilia e della Calabria è decisamente peggiorata (rispettivamente -4,2% e -2,7%); variazioni positive sono state registrate solo al Nord e in Toscana, con l’eccezione della Liguria (-0,2%).

Le regioni settentrionali sono quindi uscite dalla crisi economica, mentre quelle del Mezzogiorno continuano a retrocedere. Rispetto all’obiettivo 2020 del 67%, l’occupazione dovrebbe crescere per l’intero territorio nazionale di 4 punti: ma se per Lazio (65,3%) e Abruzzo (62,2%) la meta può apparire raggiungibile, per le regioni meridionali la distanza è nell’ordine di circa 20 punti percentuali. E anche per l’occupazione femminile, in un contesto nazionale di crisi – l’Italia è al penultimo posto in Europa – la Calabria si distingue in peggio. In tutte le regioni del Sud l’occupazione femminile è inferiore al 50% e la nostra è una delle sole quattro regioni in cui si è registrato un calo, dello 0,1%, negli ultimi dieci anni.