Basso Profilo, politica disposta a tutto pur di trionfare alle elezioni. Il 'do ut des' tra Talarico e Gallo

Dalle carte della maxi inchiesta viene fuori il sistema architettato dagli indagati "per mettere a posto le cose quando qualcosa negli affari si intoppa"

«Cos’è un’entratura? Metti il caso… io… ho un problema con MANITAL… MANITAL è una cosa di centrodestra di Torino… sicuramente io domani dovrei chiederti… Franco… senti… vedi che… chi è il riferimento che abbiamo a Torino?… che vada a parlarci… questa testa di minchia non ci paga le fatture… cioè… alla fine… la cortesia questa è perchè si parla sempre di un lecito… però se c’è una mano di aiuto…».

È lo stesso imprenditore reggino che spiega al politico di lungo corso catanzarese (che, da parte sua, fa finta di cadere dal pero) il significato “pratico” dell’accordo in corso in vista delle elezioni politiche del 2018 nel collegio dello Stretto. Un’entratura che serve per mettere a posto le cose quando qualcosa negli affari si intoppa. Un’entratura che serve per un nome da spendere – anche perché quello del referente precedente, il Senatore Antonino Caridi, non è più utilizzabile visto l’arresto subito dallo stesso parlamentare per reati gravissimi – in funzione di gare e appalti da sottoscrivere e vincere. È un salto nel buio della politica disposta a tutto pur di trionfare alle elezioni, e di una classe imprenditoriale dai tratti grottescamente predoneschi quello che viene fuori dalle carte dell’ennesima maxi inchiesta della procura di Catanzaro che ha messo in luce l’ennesimo presunto indicibile accordo tra pezzi delle istituzioni e della società civile, entrambe in ginocchio davanti ai pacchetti di voti movimentati dalla ndrangheta.

UN SEGGIO REGGINO PER MONTECITORIO

All’alba del voto per il rinnovo delle Camere del 2018, l’Udc candida nel collegio di Reggio Calabria, un politico di lungo corso. Consigliere comunale a Catanzaro prima e eletto per 4 legislature a palazzo Campanella poi, già presidente del consiglio regionale ai tempi della presidenza Scopelliti, Francesco Talarico, è stato arrestato e posto ai domiciliari oggi dalla distrettuale antimafia del capoluogo con l’ipotesi di voto di scambio e associazione a delinquere aggravata dal comportamento mafioso.

Secondo l’impianto accusatorio, l’attuale assessore al bilancio della Regione «si candidava per il collegio uninominale di Reggio con la lista Udc» dopo una serie di riunioni “catanzaresi” in cui venne fuori il nome dell’imprenditore Antonio Gallo, in grado di veicolare, attraverso contatti con elementi orbitanti a vario titolo nella galassia dei De Stefano, un nutrito pacchetto di voti in città. «Tale appoggio – scrivono i magistrati – era volto a ricevere il sostegno elettorale in cambio dell’impegno ad appoggiare Gallo per l’ottenimento, con modalità illecite, di appalti per la fornitura di prodotti antinfortunistici erogati dalla sua impresa e banditi da enti pubblici e società in house».

DO UT DES

L’accordo, ipotizzano i magistrati guidati da Nicola Gratteri, è semplice: si tratta della riproposizione moderna di un vecchio adagio latino che uno degli imprenditori intercettati dalle forze dell’ordine spiega allo stesso Talarico nel corso di un incontro elettorale in un bar vicino alla stazione del Lido a Reggio.

«Si tratta di un “do ut des” – spiegano gli imprenditori reggini all’allora aspirante deputato – noi ti diamo… tutta la mano del mondo… due (mani)… soldi non ce ne servono… che ne abbiamo… grazie a Dio lavoriamo… che ne abbiamo… stiamo bene… però ci serve un REFERENTE… se abbiamo bisogno di qualcosa…».

Un accordo semplice che avrebbe dovuto concretizzarsi anche grazie all’appoggio del segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa (che in effetti ha incontrato gli imprenditori in odore di mafia e lo stesso Talarico nel corso di un pranzo “romano”).