Reggio, elezioni comunali: le pagelle di CityNow ai candidati sindaco

Un pagellone ai candidati sindaco che si sono cimentati in questa dura campagna elettorale

Non c’è alcun dubbio che anche noi, addetti ai lavori, nonché elettori, come voi, abbiamo vissuto una campagna elettorale fuori dal comune. Certo, non in senso letterale, visto che abbiamo girato in lungo e in largo la città al seguito di questo o quel candidato. D’altra parte, questo 2020, che ancora non è finito, ci ha riservato parecchie novità, regalandoci non una, ma ben due campagne elettorali, se si tiene conto di quella relativa alle Regionali, cominciata a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno. Il voto di fine gennaio, che ha incoronato Jole Santelli quale prima donna presidente della Regione Calabria, era già una notiziona, soprattutto per i fanatici del ‘sessismo’ in ogni dove, ma poi, è stato il tempo del Covid a sconvolgere i nostri piani e quelli dei politici.

Il rinvio forzato della tornata amministrativa, già fissata per la scorsa primavera, ha quindi messo tutti davanti alla cruda realtà: avremmo dovuto sorbirci una campagna elettorale sotto la canicola di un agosto che si preannunciava più rovente del solito. Un problema avvertito anche dagli stessi candidati che hanno dovuto sudare le classiche sette camicie per attirare l’attenzione degli elettori, impegnati in un “liberi tutti” tanto agognato dopo le restrizioni dettate dalla pandemia.

Andrà tutto bene”, ci dicevamo tra noi, magari sottovoce, ipotizzando un cambio radicale del modus vivendi della popolazione mondiale. Ma poi sono arrivati i negazionisti, i complottisti, i terrapiattisti prestati alla causa, ex gilet gialli, ora arancioni, finanche i virologi pentiti, a farci tornare con i piedi per terra e la testa tra le mani a farci pensare che quella frase forse era un grande imbroglio.

Nel frattempo la conquista di palazzo San Giorgio registrava sempre più aspiranti. In tanti hanno annunciato il loro impegno, ma alla fine ne sono rimasti “solo” nove. Sette uomini e due donne. Ognuno con peculiarità differenti, discendenti dal mondo di riferimento a cui appartengono.

Al netto dei comizi di chiusura, prima del silenzio elettorale, proviamo a stilare una sorta di sarcastico pagellone – un po’ come farebbe Terruzzi – ai candidati sindaco che si sono cimentati in questa dura campagna elettorale. E non ce ne vogliano i protagonisti, perché questa non vuol certo essere una definitiva classifica di gradimento, né vuole tirare la volata a qualcuno. È un modo di rendere leggero qualcosa che giustamente leggero non può essere:

Klaus Davi

Non è un politico, e si è visto. Ma è un massmediologo, uno che conosce i meccanismi della comunicazione a perfezione. Non sbaglia un colpo quando deve attirare l’attenzione su di se e sui concetti che vuole esprimere: dallo spot sulla Locride al brand Reggio Calabria, dal volantinaggio sul Lungomare fino alle notti in tenda nei quartieri reggini, veste i panni della star assoluta. Sa, per sua stessa ammissione, che difficilmente siederà sullo scranno più alto di palazzo San Giorgio, ma ha il merito di inserirsi nella campagna elettorale facendo scoprire ai reggini che esiste anche un punta di vista diverso, quello del non reggino. Dopo aver disertato alcuni confronti, decide di farsi vedere e farsi sentire in altri, scambiando il confronto con il dibattito, terreno su cui si trova a proprio agio risultando imbattibile: Scenografo, voto 8

Giuseppe Falcomatà

È quello che più di tutti sapeva di dover lavorare il doppio in questa campagna elettorale. Perché gli uscenti non hanno mai la strada in discesa. Per questo ha sfruttato a dovere il periodo del lockdown, usando bastone e carota con i reggini che hanno mostrato di apprezzare. Ma solo in quel momento. Perché poi tutti i problemi del mondo ri-diventano colpa sua. Usa spesso il dialetto per entrare nelle case dei suoi concittadini e sedersi a tavola per fare quattro chiacchiere. Mostra di saper ammettere ma a denti stretti, gli errori, e zittisce spesso e volentieri i suoi antagonisti durante i confronti. Gioca a poker questa campagna elettorale, riservandosi i suoi quattro assi negli ultimi giorni: annunci e inaugurazioni. E ci sta: Stratega, voto 7

Fabio Foti

È forse il più competente, preparato, preciso, e a tratti convincente, candidato a sindaco. Qualcuno si domanda che ci faccia nel Movimento 5 stelle, e anche se lui sappia di farne parte. Ha vestito i panni dell’instancabile mediatore quando c’era la possibilità di formare un polo civico, riuscendo a ingannare i suoi competitor sulla sua presunta debolezza. Campione di garbo e gentilezza ha saputo tirar fuori gli artigli al momento opportuno, contro tutto e contro tutti. L’unica pecca della sua candidatura è l’impalpabilità del Movimento a queste latitudini. Un’assenza che si è fatta sentire nonostante la caparbietà del virologo che mai ha messo bocca sulla questione pandemia. Highlander, voto 7

Angela Marcianò

Decide per lungo tempo di parlare a monosillabi, mentre lei è convinta di “aver detto tutto” attraverso i post su facebook. Tiene tutti sulla corda fino all’ultimo, salvo poi mettere in campo quattro liste a suo sostegno. La partenza è uno scintillio di colori. Sembra entrare in città come il messia, infondendo speranza nei reggini che l’acclamano. Elegante, determinata, convinta, prova a stuzzicare l’orgoglio delle donne reggine mostrando i muscoli e la sua verve. Glissa sulle polemiche che hanno contraddistinto la campagna elettorale di alcuni dei suoi. Non brilla nei confronti con gli altri candidati, probabilmente sbagliando tempi e modi di alcuni interventi, ma mantiene il centro della scena con, forse ostentata, superbia: Diva, voto 7-

Antonino Minicuci

Con quella faccia un po’così, quell’espressione un po’così, che abbiamo noi prima d’andare a Genova… cantava Paolo Conte sul testo di Bruno Lauzi. La faccia probabilmente è la stessa di quando ha lasciato Reggio, anche se qualcuno non esita a chiamarlo ‘nonno Nino’, come se l’esperienza, maturata da tecnico, facesse male alla nostra città. Non è partito col favore dei pronostici, se pensiamo che neanche chi lo porta oggi a braccetto lo voleva candidato. Fatica per farsi ‘accettare’, ma lui torna in città, prende alloggio in centro e si mostra per quello che è: uno che ci crede. I suoi sfruttano il lato emotivo per recuperare terreno sul versante dell’appeal, ma deve migliorare la comunicazione. Per questo gli è stato suggerito di evitare i confronti, che puntualmente ha disertato: Scolastico, voto 6+

Saverio Pazzano

È un antesignano. Parte in netto anticipo rispetto a tutti, anche a Falcomatà in predicato di ricandidatura. Parla di amore e di restanza, appoggiandosi politicamente al sindaco di Napoli, De Magistris. Fa finta di dialogare con altri candidati civici, visto che il suo obiettivo primario era la candidatura personale. Per questo è accusato di essere egoista e, quindi, non di sinistra. Ha il grande merito di reinventare la campagna elettorale, tornando al buon vecchio ‘casa per casa, strada per strada’, sfruttando al massimo anche le potenzialità della rete. Macina chilometri, senza sosta, e argomenti: Maratoneta, voto 8

Fabio Putortì

Fa la parte del gregario, di quello che lavora dietro le quinte mentre il merito se lo prendono gli altri. Poi di punto in bianco decide di metterci la faccia – come in altre occasioni – candidandosi direttamente a sindaco con il movimento che, per dirla con lui, ha salvato l’Aeroporto dello Stretto, che rimane un suo cavallo di battaglia. Molto preciso, puntuale, è convinto che chi si candida non dovrà dimostrare le sue qualità in futuro, ma deve aver già dimostrato quantomeno di aver lottato per la città. Ha il difetto, forse, di voler dire troppe cose in una frase: Ventriloquo, voto 6 +

Giuseppe Siclari

È un incredibile romantico. E non per le sue idee politiche, ma per come ancora le racconta. Non brilla certo in comunicazione il prof prestato alla politica, che ancora non riesce ad affidarsi alla tecnologia. Alla sua terza candidatura a sindaco, è la prova vivente che il comunismo non è morto. Si sente la vera alternativa a tutti gli altri candidati, che puntualente ha incontrato in tutti i confronti in cui è stato invitato. Rimarrà celebre la sua frase: Sono venuto a portare la spada e la guerra a dividere il padre dal figlio e il fratello dal fratello. La malattia è l’interclassismo: Inossidabile, voto 6- –

Maria Laura Tortorella

È la first lady di questa tornata elettorale. Per competenza, per garbo, e per il modo di porsi nei confronti dei cittadini e dei suoi antagonisti. Crede fermamente nel programma che porta avanti, anche se qualcuno le rimprovera di non aver trovato tracce di concretezza. Presente in tutti i confronti con gli altri candidati, mostra di avere fede nel prossimo e nella cittadinanza. Manca di un guizzo, e di quella grinta che avrebbe potuto fare più presa tra gli elettori: Monnalisa, voto 6