Coronavirus, il racconto degli studenti a CityNow. Simone: 'Penso, quindi esisto'

La quarantena nei giovani porta a profonde riflessioni come, ad esempio, la riscoperta di Platone. Ecco il diario di Simone

Ristobottega

Guardare il mondo con gli occhi di un ragazzo è sempre differente. In particolar modo, adesso, ai tempi del Covid-19, cosa passa per la testa dei giovani che racconteranno alle future generazioni di questa pandemia?

La collaborazione della redazione di CityNow con gli studenti reggini nasce proprio da qui: dall’esigenza di guardare oltre ciò che ‘noi’ vediamo. A raccontarci la sua esperienza di quarantena, oggi, è Simone. Un ragazzo che a maggio dovrebbe concludere il suo primo anno di liceo. Quanti ricordi, quante emozioni. Eppure quelle di Simone e di tanti altri studenti non saranno i classici sentimenti di chi, dopo 9 mesi, ha terminato il suo percorso di studi.


E, forse, proprio dall’esigenza di mettersi in pari con il mondo ‘che ha lasciato fuori’, Simone ha deciso di stilare un particolare diario.

Diario di una quarantena

Primo giorno: la felicità che provo per la momentanea chiusura delle scuole mi sovrasta, sono in visibilio, tanto non sono presenti molti casi al sud ed è impossibile che il male arrivi a qualche membro della mia famiglia. Dormo serenamente.

Terzo giorno: la noia inizia a cogliermi. Ho finito completamente tutti i video giochi in mio possesso, trovando e forgiando le armi più potenti e gli scudi più resistenti. Non so cosa fare, i contagi vanno aumentando di ora in ora, di giorno in giorno, ma di certo il virus non arriverà mai qui al sud, vero? Dormo irrequieto.

Quinto giorno: I contagi continuano a crescere in maniera spaventosa, i professori si stanno organizzando per avviare un programma di lezioni online sulla piattaforma Weschool, non mi è ancora completamente chiaro come funzioni ma quantomeno ho trovato qualcosa con cui poter passare “l’infinita” quantità di tempo a mia disposizione. Dormo molto teso con frequenti risvegli nel cuore della notte.


Sesto giorno: ormai non seguo più i telegiornali per non cadere in uno stato depressivo. Mi sono appassionato alla lettura dei libri di Lovecraft, uno dei miei racconti preferiti è “Il cane”. Mi sono anche avvicinato alla filosofia e, per lo più, al significato intrinseco della vita ed a quello della morte. La notte dormo meno ansioso di prima, tuttavia ho la sensazione che il peggio debba ancora arrivare.

Settimo giorno: sto provando a far uscire il mio cane con regolarità, sia pure per qualche minuto riesco a vedere qualcosa di diverso delle solite morbose pareti bianche della mia prigione terrena. Mi sto interessando ad alcuni concetti basilari della filosofia come la caverna di Platone. Questo testo insieme alla mia passione per l’occulto ed al mistero dei libri di Lovecraft mi hanno portato a dedurre che tutto quello che ci circonda non è altro che una prigione creata dai nostri sensi che sono l’unico modo con cui noi possiamo percepire la realtà che ci circonda.


La specie umana si è evoluta insieme ai cinque sensi ma questi ultimi ci vietano di poter percepire appieno ed a fondo il mondo che ci circonda. Se non possiamo fidarci dei nostri sensi che ci dicono che cosa è vero e che cosa è falso allora a che cosa possiamo credere? Che cosa ci dimostra che noi esistiamo davvero e che non siamo un inganno dei sensi? L’unica cosa certa è che noi stiamo pensando. Anche solo pensare il pensiero è esso stesso un pensiero, cogito ergo sum (penso quindi esisto). Il mio periodo di sonno si sta pian piano stabilizzando”.

Simone Morabito, I G, Liceo Scientifico “Leonardo DaVinci”