Brogli elettorali a Reggio, la decisione del Consiglio di Stato: ricorso respinto
Vicenda brogli, scritta la pagina definitiva? La sentenza integrale
08 Novembre 2021 - 17:34 | di Redazione

Si è scritta, con ogni probabilità, la pagina finale riguardo il ricorso sui brogli elettorali a Reggio Calabria. Il Consiglio di Stato infatti ha deciso riguardo il ricorso presentato dal candidato sindaco Antonino Minicuci e Luigi Catalano della lista civica ‘Nuova Italia Unita’.
“Il rigetto dei primi due motivi d’impugnazione – e, dunque, la conferma della statuizione di primo grado circa l’irricevibilità del ricorso – assorbe, stante la sua pregiudizialità, il terzo motivo sulla prova di resistenza, nonché ogni altra censura, questione e deduzione.
In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata”, conclude la sentenza emessa dal Presidente Diego Sabatino.
Da parte dei ricorrenti rimane adesso un’ultima possibilità, ovvero rivolgersi alla Corte Europea. Rimane ancora in corso invece l’inchiesta portata avanti dalla Procura di Reggio Calabria.
La sentenza integrale
1. I signori Vincenzo Battaglia, Luigi Catalano, Maurizio Ferraro, Fabrizio Crea e
Roberto Castaldo, in qualità di elettori e candidati, nonché il signor Fortunato
Stelitano, in qualità di elettore, hanno proposto il ricorso di primo grado n. 16 del
2021 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata
di Reggio Calabria, avverso la proclamazione degli eletti alle elezioni comunali di
Reggio Calabria svoltesi il 20 e 21 settembre 2020 (primo turno) e il 10 ottobre
2020 (turno di ballottaggio) e di ogni atto pregresso, presupposto e consequenziale.
In particolare i ricorrenti hanno rappresentato che il 14 dicembre 2020 era stata
eseguita nei confronti di un candidato eletto consigliere comunale e del presidente
della sezione n. 184, indagati per i reati di cui agli articoli 76 del d.P.R. n. 445/2000
in relazione all’art. 483 c.p., e 90, comma 2, e 97 del d.P.R. n. 570/1960, la misura
degli arresti domiciliari, disposta dal giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria del 9 dicembre 2020. Agli indagati era stato
contestato di aver falsificato le deleghe ai fini del rilascio delle schede elettorali
nonché i registri elettorali ed era stato rilevato inoltre che, a seguito di tale
falsificazione, 100 elettori (4 dei quali risultavano deceduti alla data delle elezioni),
pur non essendosi mai recati alle urne, erano stati inseriti tra i votanti.
1.1. Il Comune di Reggio Calabria e il signor Antonino Castorina si sono costituiti
nel giudizio di primo grado, eccependo, in via pregiudiziale, l’irricevibilità del
ricorso e la sua inammissibilità per difetto di legittimazione attiva e per mancato
superamento della prova di resistenza; si è costituito altresì il signor Antonino
Minicuci, aderendo alle difese dei ricorrenti.
1.2. I soggetti ricorrenti in primo grado hanno poi proposto motivi aggiunti,
ritenendo che l’ordinanza cautelare del giudice per le indagini preliminari
consentisse di considerare provata la falsità dei voti espressi per conto di soggetti
mai recatisi alle urne (in alcuni casi persino deceduti alla data delle elezioni), sulla
base delle anomale richieste di duplicazione delle tessere elettorali, delle analisi dei
registri degli elettori, nonché delle sommarie informazioni testimoniali dei votanti
che hanno negato di aver votato e di aver fatto richiesta di duplicato della tessera
elettorale.
La predetta ordinanza cautelare avrebbe altresì riscontrato l’illegittima
designazione dei presidenti di seggio delle sezioni interessate dalle indagini in
sostituzione dei presidenti designati dalla Corte d’appello di Reggio Calabria. Tale
sostituzione sarebbe stata, invero, disposta a seguito di false o inesistenti
dichiarazioni di impedimento da parte dei soggetti designati e con provvedimenti
sottoscritti da C., ma in assenza di apposita delega sindacale.
Su queste basi, i soggetti ricorrenti in primo grado hanno sostenuto l’illegittimità
degli atti impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere insistendo nelle
conclusioni già rassegnate con il ricorso introduttivo e chiedendo che fosse disposta
la rinnovazione delle operazioni elettorali o, in subordine, la rinnovazione delle
operazioni di voto nelle sezioni interessate dalle indagini.
1.3. Il Comune di Reggio Calabria ha esteso le eccezioni di irricevibilità e di
inammissibilità del ricorso introduttivo anche ai primi motivi aggiunti.
1.4. Attraverso secondi motivi aggiunti, proposti a seguito dell’emissione di una
nuova ordinanza cautelare del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Reggio Calabria, con cui era stata applicata la misura degli arresti domiciliari a
carico di ulteriori indagati, gli originari ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità della
composizione della commissione elettorale del Comune di Reggio Calabria e degli
atti di nomina degli scrutatori e dei presidenti di seggio, nonché degli atti
aggiornamento degli elenchi degli elettori, effettuati dalla predetta commissione.
2. Con l’impugnata sentenza n. 515 del 9 giugno 2021, il T.a.r. per la Calabria,
sezione staccata di Reggio Calabria, ha dichiarato irricevibili il ricorso introduttivo
e tutti i motivi aggiunti e ha compensato tra le parti le spese di lite.
3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 15 luglio
2021 e in data 29 luglio 2021 – i signori Luigi Catalano, in qualità di candidato, e
Giuseppe Falcone, in qualità di elettore, hanno interposto appello avverso la su
menzionata sentenza, articolando tre motivi.
4. Il Comune di Reggio Calabria si è costituito in giudizio, eccependo:
l’inammissibilità del gravame per violazione dell’art. 101 del codice del processo
amministrativo a causa dell’asserita mancanza di specifiche censure alla sentenza
impugnata; la sua irricevibilità per tardiva notificazione; il difetto di legittimazione
attiva del signor Luigi Catalano.
L’amministrazione comunale ha chiesto, in ogni
caso, il rigetto dell’appello e la cancellazione ex art. 89 c.p.c. di espressioni
asseritamente sconvenienti e offensive formulate negli scritti degli odierni
appellanti.
5. Il signor Antonino Castorina si è costituito in giudizio, eccependo: la mancanza
di legittimazione ad impugnare in capo al signor Giuseppe Falcone, siccome
soggetto estraneo al giudizio di primo grado; l’inammissibilità del gravame per
violazione dell’art. 101 del codice del processo amministrativo a causa dell’asserita
mancanza di specifiche censure alla sentenza impugnata; l’irricevibilità dell’appello
e comunque la sua infondatezza.
6. Il signor Antonino Minicuci si è costituito in giudizio, chiedendo l’accoglimento
dell’appello.
7. Le altre parti appellate, pur ritualmente evocate, non si sono costituite in
giudizio.
8. In vista dell’udienza di discussione, gli appellanti hanno depositato memoria, il
Comune di Reggio Calabria ha depositato documenti e memoria di replica e il
signor Antonino Castorina ha depositato memoria.
9. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 26 ottobre 2021.
10. Il Collegio reputa di dover respingere l’istanza di cancellazione ex art. 89 c.p.c.
(applicabile al processo amministrativa in forza del rinvio esterno di cui all’art. 39
del codice del processo amministrativo), siccome le espressioni utilizzate dagli
appellanti, pur essendo particolarmente mordaci, rimangono nel perimetro della
consentita vis polemica, propria dell’attività defensionale.
11. In ossequio al criterio della ragione più liquida, il Collegio reputa di non
vagliare le eccezioni pregiudiziali attinenti alle dedotte irricevibilità e
inammissibilità del gravame, stante la palese infondatezza dell’appello, che,
pertanto, deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in
diritto.
12. Tramite il primo motivo d’impugnazione, gli appellanti hanno sostenuto in
sostanza che erroneamente il collegio di primo grado avrebbe dichiarato
l’irricevibilità del ricorso e di tutti motivi aggiunti, poiché l’applicazione del
termine di trenta giorni per impugnare l’esito elettorale mediante deposito del
ricorso presso la segreteria del T.a.r. competente, di cui all’art. 130, comma 1,
lettera a) del codice del processo amministrativo, a una fattispecie dove i vizi
riscontrati dall’autorità giudiziaria ordinaria (peraltro, allo stato, soltanto in sede
d’indagine penale) non sarebbero stati conoscibili precedentemente dai ricorrenti
violerebbe il principio di effettività della tutela giurisdizionale e il diritto di difesa,
ponendosi asseritamente in contrasto con gli articoli 1, 3, 5, 24, 113 e 117 della
Costituzione, nonché dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Al
riguardo gli appellanti hanno instato, in subordine, per una rimessione alla Corte
costituzionale della questione di legittimazione costituzionale della succitata
disposizione del c.p.a..
Siffatta doglianza è infondata, poiché:
a) il rito relativo alle operazioni elettorali è un giudizio di legittimità retto dal
principio della domanda, il cui oggetto sono il provvedimento di proclamazione
degli eletti e gli atti ad esso presupposti e non l’intera procedura elettorale, sicché
non è ipotizzabile un controllo generalizzato del giudice amministrativo sulla sua
correttezza;
b) la celerità del rito elettorale – a cui è finalizzata la previsione del ridotto di trenta
giorni per il deposito del ricorso (che in questa particolare tipologia di processo
precede la notificazione) da parte dell’art. 130, comma 1, lettera a), c.p.a. – è
correlata all’ineludibile e imprescindibile esigenza di garantire la stabilità degli
organi elettivi degli enti pubblici a base rappresentativa;
c) la previsione che il dies a quo del suddetto termine decorra dalla proclamazione
degli eletti, indipendentemente dalla sua effettiva conoscenza da parte degli
interessati, è parimenti strumentale alle finalità sopra delineate;
d) l’esistenza di indagini in corso – ancorché siano correlate a condotte di notevole
gravità – non sono chiaramente idonee a dimostrare l’illegittimità dell’atto
amministrativo impugnato, in quanto non vi è ancora alcuna pronuncia
giurisdizionale di merito e ancor meno definitiva, e comunque non possono
spostare in avanti il dies a quo, specificamente e chiaramente statuito dal legislatore
senza eccezioni e, pertanto, non legittimamente modificabile dall’interprete;
e) in tale ambito, dunque, non vi è alcuno spazio per l’invocato errore scusabile,
asseritamente determinato dalla circostanza che dalle indagini in corso siano prima
facie emerse irregolarità nel procedimento elettorale, atteso che «Il ricorso
elettorale (…) delimita i poteri istruttori e decisori del giudice amministrativo
nell’ambito delle specifiche censure tempestivamente formulate (…) (per tutte,
Cons. Stato, Sez, V, 11 luglio 2002, n. 3924; Sez. V, 5 maggio 1999, n. 519; Sez. V,
10 marzo 1997, n. 247), e non può ammettersi l’ampliamento sine die del thema
decidendi dopo la scadenza del termine di decadenza, ad esempio dimostrando che
la conoscenza di vizi delle operazioni elettorali è conseguita a indagini od
informative, ovvero è derivata dalla cura con la quale si sia seguito l’andamento di
un procedimento penale.
In altri termini, le modifiche o il sovvertimento del
risultato elettorale non possono dipendere dalla effettiva conoscibilità dei vizi
eventualmente sussistenti, in quanto l’obiettivo decorso del tempo rende immutabili
i risultati, così come ufficializzati nell’atto di proclamazione: la delimitazione
dell’oggetto del giudizio elettorale ha luogo mediante l’indicazione tempestiva
degli specifici vizi di cui sono affette le operazioni» (Consiglio di Stato, sezione V,
sentenza 17 febbraio 2014, n. 755).
Ne consegue che la declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado da parte
del T.a.r. è del tutto corretta, essendo diretta e puntuale applicazione del chiaro
disposto di cui all’art. 130, comma 1, lettera a), c.p.a..
12.1. Con riferimento alla questione di costituzionalità, il Collegio ne rileva la
manifesta infondatezza, giacché il processo amministrativo, anche nella forma del
rito elettorale, è strutturalmente indipendente dal giudizio penale e ha un compiuto
e autosufficiente sistema di tecniche di difesa degli interessati e dei
controinteressati, al cui interno i termini per impugnare e le preclusioni non sono
ostacolo all’effettività della tutela giurisdizionale, bensì ne determinano l’efficienza
e l’ordinato sviluppo, anche con riguardo al rito elettorale, dove il termine
d’impugnazione dimidiato si giustifica ragionevolmente con le esigenze di stabilità
degli esiti del voto.
12.2. Le altre considerazioni svolte nel primo motivo circa l’integrazione del
contraddittorio non possono in alcun modo influire sulla prioritaria statuizione
d’irricevibilità del ricorso per tardività.
13. Mediante il secondo motivo d’impugnazione, gli appellanti hanno censurato la
sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’applicazione del termine di 180
giorni previsto dall’art. 31, comma 4, c.p.a. per l’azione di nullità, sostenendo che
gli atti amministrativi contestati sarebbero affetti da radicale nullità o inesistenza.
Tale motivo è infondato per due ordini di ragioni, ambedue da sole sufficienti a
determinarne il rigetto.
In particolare:
a) lo speciale rito elettorale – che reca una disciplina palesemente compiuta e
autosufficiente dei modi e dei termini dell’impugnazione della proclamazione degli
eletti – non prevede né richiama la dicotomia tra azione di annullabilità e di nullità;
b) le irregolarità oggetto d’indagini non sono state ancora acclarate con una
pronuncia giurisdizionale di merito (nemmeno non definitiva), ma sono state poste
alla base soltanto di ordinanze cautelari, cosicché attualmente va esclusa in radice
la nullità strutturale e la nullità per difetto assoluto di attribuzione richiamate dagli
appellanti, che, pertanto, non possono nel caso di specie neanche essere rilevate
d’ufficio.
14. Il rigetto dei primi due motivi d’impugnazione – e, dunque, la conferma della
statuizione di primo grado circa l’irricevibilità del ricorso – assorbe, stante la sua
pregiudizialità, il terzo motivo sulla prova di resistenza, nonché ogni altra censura,
questione e deduzione.
15. In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza
impugnata.
16. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese
di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente
pronunciando sul ricorso n. 7068 del 2021, come in epigrafe proposto, lo respinge
e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata; compensa tra le parti le spese di
lite del presente grado di giudizio.
Dispone che, a cura della segreteria, la presente sentenza sia trasmessa al Sindaco e
al Prefetto di Reggio Calabria.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento U.E.
2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei
diritti o della dignità delle parti interessate, manda alla segreteria di procedere
all’oscuramento di ogni riferimento alle ordinanze del giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2021, con
l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Francesco Frigida, Consigliere, Estensore
Carla Ciuffetti, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere