Regionali, sconfitta del PD in Calabria. Richichi: 'Politica assente'

"C'è confusione e mancanza di idee". Ecco l'analisi della sconfitta del Partito Democratico in Calabria secondo Domenico Richichi

In passato era uso, a cinque/sette giorni dopo le elezioni, riunire gli organismi di partito per discutere sulle cause della sconfitta o su come valorizzare la vittoria. Nel PD, ancora, di riunioni per valutare i risultati elettorali non si parla.

L’origine della sconfitta del centro sinistra in Calabria è figlia di una scellerata decisione del presidente uscente Oliverio che si intestardì a voler nominare solo assessori esterni che nulla avevano a che vedere con il rapporto e il contatto con la gente con il risultato che gli uomini del centro sinistra, esclusi dalla gestione diretta degli assessorati (una per tutti la importantissima delega all’Agricoltura rimasta al Presidente), non hanno potuto far percepire alla gente l’attività che la regione stava realizzando.

Altra causa della sconfitta è l’assenza completa del Partito Democratico dalla scena politica calabrese da oramai cinque anni a questa parte, cioè, dal momento in cui la regione Calabria cominciò a venire gestita da una ristretta oligarchia composta da presidente della Giunta regionale e segretario regionale del PD, più qualche “capo bastone” di tessere e di consensi, che ha annullato ogni ansia di partecipazione dei Democratici di base alla vita politica e amministrativa della Calabria.

Anche la città di Reggio Calabria e la sua provincia hanno pagato l’assenza di un Partito Democratico che coinvolgesse, in primis, gli iscritti ed elettori e che parlasse alla gente. I tentativi dell’attuale Coordinatore provinciale del PD si sono fermati davanti ad una sorta di stanchezza della gente dovuta, soprattutto nella città capoluogo, ad una amministrazione della cosa pubblica, nei suoi servizi essenziali, inefficiente anche per i debiti e la mancanza di liquidità ereditati dalla giunta precedente. Bisogna, però, anche dire che, nel Comune di Reggio Calabria, non si è voluto intervenire sui disastri ereditati dal passato, per una ostinata posizione negativa sulla opportunità di dichiarare il dissesto, e per una mancanza di iniziativa tendente a provvedere al risanamento del debito con opportuni provvedimenti a disposizione del Comune, specialmente, durante il governo Renzi ed il governo Gentiloni.

Per tornare alle elezioni regionali, la scelta di seguire in modo ossessivamente letterale il codice etico del PD ha portato alla non candidatura di personaggi che avrebbero potuto dare un contributo in termini politici e numerici.

Rimane, ovvia, la soddisfazione di avere avuto il coraggio di presentarsi agli elettori calabresi con liste, cosiddette, pulite composte da persone senza carichi penali pendenti. Ciò comporta, però, una eredità pesante perché, se si usasse lo stesso metodo e principio anche nelle imminenti elezioni comunali a Reggio Calabria, si potrebbe determinare la esclusione dalle liste di persone che, secondo l’interpretazione del codice etico del PD, fatta in occasione della compilazione delle liste per le elezioni regionali, non potrebbero rappresentare il Partito come candidati al consiglio comunale di Reggio, con conseguenze nefaste per il centro sinistra.
Rimane la necessità di un rilancio del Partito a tutti i livelli. Sul come fare c’è confusione o, meglio, c’è mancanza di idee. Basti pensare che il PD è commissariato a livello regionale e in tre federazioni provinciali su cinque con commissari che sono estranei, per provenienza geografica, ai territori ed enti interessati.

Fonte: Domenico Francesco Richichi (Componente commissione regionale di garanzia PD)