‘Riapri Calabria’, in attesa della pubblicazione del bando nascono le prime perplessità

Intanto un rapporto di Confcommercio mette in guardia: ‘270 mila imprese a rischio chiusura definitiva’

“Su un totale di oltre 2,7 milioni di imprese del commercio al dettaglio non alimentare, dell’ingrosso e dei servizi, quasi il 10% è soggetto ad una potenziale chiusura definitiva”.

Così spiega il rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio che dunque lancia l’allarme sul settore delle piccole e medie imprese che sono state letteralmente travolte dall’emergenza sanitaria da Covid-19. E la stima, sempre secondo Confcommercio, è “una stima prudenziale che potrebbe essere anche più elevata perché, oltre agli effetti economici derivanti dalla sospensione delle attività, va considerato anche il rischio, molto probabile, dell’azzeramento dei ricavi a causa della mancanza di domanda e dell’elevata incidenza dei costi fissi sui costi di esercizio totali che, per alcune imprese, arriva a sfiorare il 54%. Un rischio che incombe anche sulle imprese dei settori non sottoposti a lockdown”.

I settori più colpiti sarebbero gli ambulanti, i negozi di abbigliamento, gli alberghi, i bar e i ristoranti e le imprese legate alle attività di intrattenimento e alla cura della persona.

“Mentre, in assoluto, le perdite più consistenti – si legge ancora nel rapporto – si registrerebbero tra le professioni (-49 mila attività) e la ristorazione (-45 mila imprese). Per quanto riguarda la dimensione aziendale, il segmento più colpito sarebbe quello delle micro imprese – con 1 solo addetto e senza dipendenti – per le quali basterebbe solo una riduzione del 10% dei ricavi per determinarne la cessazione dell’attività”.

Previsioni non certo ottimistiche, ma che in qualche modo riflettono lo stato attuale delle cose. D’altra parte gli aiuti prospettati dallo stato sono stati fin qui una goccia in un mare di guai. E le indiscrezioni che circolano in queste ore fanno sperare in una inversione di rotta. Anche perché all’incertezza politica, si uniscono i ritardi economici. Basti pensare ai bonus di 600 euro che l’Inps non ha finito di distribuire tra chi a ne aveva fatto richiesta a marzo. O alla Cassa integrazione che ha accumulato ingenti ritardi. La nostra Regione si iscrive comunque tra quelle più virtuose, essendo “già” nella fase di concessione.

E se il Governo temporeggia ancora sul decreto relativo al mese di aprile, la Regione ha presentato un suo piano per dare una iniezione di liquidità all’economia delle microimprese artigiane, commerciali, industriali e di servizi.

È nato con questo obiettivo “Riapri Calabria”, che ha messo sul piatto una dotazione finanziaria di 40 milioni di euro per dare ossigeno al tessuto economico produttivo della nostra regione. Un contributo una tantum pari a 2 mila euro per ciascuna impresa richiedente.

Tuttavia, andando a leggere il testo dell’Avviso in pre-informazione si registra qualche criticità. Soprattutto per ciò che riguarda i criteri di ammissibilità al contributo. In queste ultime ore sono anche venuti fuori mugugni da più parti. E al centro della discussione ci è finita anche la condizione di trovarsi in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali e quindi con il Durc.

Di per sé un principio sacrosanto. Ma in una situazione ordinaria. Probabilmente questo requisito va anche in contrasto con lo spirito del provvedimento stesso assunto dalla Regione. E su questo sembra si stia lavorando. L’assessore Fausto Orsomarso sta allargando il confronto con chi poi dovrà presentare le domande per conto delle imprese.

D’altra parte non avrebbe senso stanziare delle risorse per dare ristoro alle microimprese e poi restringere la platea dei beneficiari. Sarebbe una sorta di selezione naturale indotta. Una strana divisione tra buoni e cattivi. Una distinzione che il Covid non ha fatto. Insomma, se un’impresa “stava male” prima della crisi, non si può pensare che dopo due mesi di chiusura possa essere nelle condizioni di riaprire in tutta tranquillità. Occorrerebbe provare ad aiutare tutti, intendendo il provvedimento per quello che è: straordinario. Perché affrontare una situazione straordinaria con gli strumenti ordinari (compresi i requisiti di ammissibilità) non sembra essere stata fin qui la strada migliore (vedi la Cassa integrazione).