Brogli a Reggio, politici e Comitato attendono con ansia il ricorso al Tar

Davi pone la questione morale. Marcianò parla di sistema preordinato. Minicuci di amministrazione illegittima, e Morisani di democrazia penalizzata

La questione dei brogli elettorali riscontrati nelle indagini della magistratura, ancora in corso, e che hanno portato tra gli altri all’arresto dell’ormai ex capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale, Nino Castorina, è stata al centro di uno speciale della striscia informativa di CityNow, “Live break”.

Un confronto a più voci con l’obiettivo di fare chiarezza su tutto ciò che fin qui è stato detto e fatto dagli attori politici al Comitato spontaneo “Reggio non si broglia”. A turno, Klaus Davi, Angela Marcianò, Antonino Minicuci e Pasquale Morisani hanno arricchito un dibattito che tiene col fiato sospeso non solo l’amministrazione comunale di Giuseppe Falcomatà, ma anche l’intera cittadinanza, ancora frastornata dalle notizie che arricchiscono un quadro a tinte fosche che ha visto anche persone decedute registrate nei registri di voto.

Quale questione morale?

Klaus Davi, uno dei candidati a sindaco nell’ultima tornata elettorale è stato tra i primi, insieme ai suoi, a denunciare che qualcosa di strano stava accadendo nel seggio di Archi – “Siamo stati i primi a segnalarlo e – commenta il massmediologo – paradossalmente mi fa piacere che Giustra lo abbia in qualche modo ricordato” –. Per lui ci sono due livelli da considerare:

“quello prettamente giudiziario che ha tempi tecnici. Cioè i magistrati devono accertare i reati, capire chi ha ispirato questa cosa, se è una cosa circoscritta o estesa, se ha riguardato solo un quartiere e se è avvenuta in altre elezioni, perché si tratta di un sistema. C’è poi il livello politico e dice tutto il fatto che l’amministrazione non commenta e non si preoccupa neanche di rassicurare l’opinione pubblica. È questo che mi stupisce. Io ritengo che bisogna tornare a votare”.

Davi insomma non perdona a Falcomatà il fatto di voler circoscrivere i fatti al solo Castorina:

“Secondo me non è solo colpa di Castorina, secondo me è un sistema esteso. Ma al di là delle indagini, cosa resta della questione morale di Berlinguer e di una sinistra di un certo tipo? Nulla. Si spera che la magistratura non riesca a dimostrare i reati per dire di essere puliti. Questa non è questione morale, è una porcheria”.

Un sistema preordinato

Sulla questione dei brogli hanno unito le loro forze Klaus Davi e Angela Marcianò, anch’ella candidata a sindaco. La giuslavorista reggina aveva lanciato per prima la provocazione delle dimissioni di massa che non ha però avuto seguito:

“Abbiamo chiesto tutti i nostri candidati la disponibilità a dimettersi, ottenendola, altrimenti diventa solo un gioco di parole e nessun fatto concreto. In verità, perché queste dimissioni abbiano un significato cercavamo altre persone pronte a farlo, ma evidente si è ritenuto che questo non potesse essere una soluzione. Per me rimane la soluzione per restituire un senso di dignità e di rispetto verso tutti i nostri elettori”.

Marcianò è un fiume in piena:

“Io non riuscivo a capire quanto il dato potesse essere vero o frutto di suggestioni. Adesso abbiamo piena contezza di ciò che è accaduto, e inviterei tutti a leggersi ordinanze o interrogatori perché viene fuori un quadro veramente drammatico e raccapricciante: il sistema preordinato c’era e abbiamo capito come sia stato messo in campo, e penso che non possa definirsi né circostanziato né episodico, né riconducibile solo ai dati fin qui emersi”.

Come si riconquista dunque la fiducia degli elettori? Per la Marcianò c’è solo una direzione ed è quella del ritorno alle urne:

“io da sindaco avrei immediatamente chiesto di andare a votare senza aspettare la conclusione delle indagini della magistratura o le determinazioni del prefetto. Voglio sottolineare il fatto che ci sono diversi falsi: sulle schede elettorali dove si esprime la preferenza, sulle tessere elettorali che servono per andare al voto, e sulle deleghe per poter ritirare queste schede. Dunque, quanta gente compiacente c’era? Io non credo al capro espiatorio, ma a Reggio evidentemente accontenta qualcuno. Bisogna pretendere maggiore chiarezza da chi ha fatto parte di questo sistema”.

Una situazione abnorme

Il capo dell’opposizione a palazzo San Giorgio, da parte sua, parla di amministrazione illegittima. D’altra parte per Nino Minicuci i brogli attengono alla sfera penale, mentre tutto ciò che riguarda i verbali, che sono stati pure certificati, ma che di fatto sono falsi, è un qualcosa che attiene alla giustizia amministrativa.

“Siamo di fronte ad una situazione abnorme. Al di là dell’aspetto penale, è importante rilevare le motivazioni del riesame: sono accuse pesantissime che delegittimano anche l’attuale composizione dell’amministrazione comunale. Non si tratta di destra o sinistra. In attesa della conclusione delle indagini della magistratura io spero che il Tar si pronunci sul ricorso pendente il prossimo 14 maggio.

Un Comitato senza alcuna preclusione

In queste settimane a fare la voce grossa e a portare in piazza la questione ci ha pensato il Comitato “Reggio non si broglia”. Pasquale Morisani ci tiene a sottolineare che il comitato nasce volutamente senza una legittimazione, soprattutto da parte dei partiti.

“Chi ritiene di voler relegare quanto scoperto ad una vicenda giudiziaria mette sottotraccia il tema fondamentale del rilievo politico istituzionale che la vicenda riveste. Il vero motivo della nascita del Comitato trova in questa considerazione il suo valore e il suo punto di riferimento. Abbiamo da subito messo in campo un’azione civica popolare – così l’abbiamo definita nella petizione e nel documento consegnato in Prefettura e inviato al Presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio – dove rimarcavamo come alcuni temi hanno penalizzato la democrazia e consolidato quel processo degenerativo di allontanamento tra la gente e la politica”.

Per lui la serie di falsi commessi e certificati dalle indagini, non fanno apparire peregrina l’idea che si torni al voto. Anche per questo si domanda perché a Palazzo San Giorgio non venga insediata una Commissione speciale che verifichi quanto successo all’Ufficio elettorale, unitamente al livello di permeabilità del meccanismo elettorale.

“L’unico vero elemento amministrativo giudiziario è legato al ricorso che si discuterà il 14 maggio. È quella la sede deputata a stabilire l’annullo delle elezioni o delle elezioni in alcuni seggi che però, come da più parti diciamo, determinerebbero un ritorno del voto al ballottaggio. Ma questo è un aspetto amministrativo, il peso poi dell’attività penale potrebbe motivare un’attività di tipo diverso come il commissariamento o una sospensione ma dipende anche dalla sensibilità istituzionale di chi governa questi processi, e quindi del Ministero degli Interni. Quello che ci preoccupa è il silenzio di Palazzo San Giorgio e del Consiglio comunale che non aiuta a dare dignità alle istituzioni comunali e alla politica”.