“Non mi sento solo perché il confronto con il governo è costante, ma Reggio Calabria è al collasso, siamo in grande difficoltà. Mancano le risorse”. Giuseppe Falcomatà lancia un grido d’aiuto, serve trovare una soluzione relativo al continuo e costante sbarco di migranti al porto di Reggio Calabria.
“Non si tratta di sbarchi ma arrivi -chiarisce nel corso di un’intervista rilasciata a Repubblica.it- nel senso che i barconi sono intercettati in mare dalle navi dell’operazione Frontex ecc. Tra la primavera e l’autunno da noi arriva una nave a settimane con picchi d’estate di navi con 800-900-mille migranti”, spiega nel dettaglio il primo cittadino di Reggio Calabria.
Più che una emergenza, chiarisce Falcomatà, si tratta di una problematica costante da gestire, considerati i continui arrivi al porto di Reggio Calabria. “La mia è una città in prima linea.Reggio è centro di primissima accoglienza. Significa che una volta fatte tutte le visite mediche del caso, i migranti devono essere trasferiti in altre città che sono centro d’accoglienza. Questa procedura che sulla carta è di poche ore, dura settimane e spesso anche mesi. Allora l’amministrazione comunale deve individuare strutture di destinazione diverse, come palestre, campi sportivi e centri civici per l’accoglienza”.
L’apparato amministrativo della città è messo a dura prova, si rischia concretamente il collasso. “Abbiamo 800 impiegati mentre in pianta organica ne sarebbero previsti 1.697. Gli arrivi comportano l’attivarsi della macchina amministrativa. Il Comune è in piano di equilibrio e quindi ha vincoli di spesa, non può ricorrere all’indebitamento, non può assumere personale e deve ridurre di anno in anno la spesa corrente”.
Quali le possibili soluzioni ed interventi per risolvere il problema? Falcomatà prova a dare una chiave di lettura.
“Per me è importantissimo dare attuazione a quanto previsto nel decreto enti locali, che ha assegnato ai sindaci di occuparsi non di tutti i minori accompagnati presenti sul territorio, bensì solo dei bambini, ovvero fino ai 14 anni. Si potrebbe -prosegue Falcomatà- fare un patto con i migranti perché siano protagonisti attivi e partecipi della comunità che li accoglie, come successo nel centro di accoglienza ad Archi. Inoltre ci vuole una authority che coordini a livello nazionale ministero, prefetture, associazioni, amministrazioni”.