Riqualificazione Piazza De Nava, l'affondo della Fondazione Mediterranea: 'Crimine urbanistico'

"Ci aspettano cinque anni di cantiere aperto in pieno centro storico per portare avanti un crimine urbanistico. Falcomatà e Brunetti responsabili"

“Nottetempo, per prevenire possibili e annunciate occupazioni civiche, piazza De Nava è stata cantierata. Si conclude così l’iter burocratico e si avvia la demolizione di un simbolo, probabilmente il più importante, della ricostruzione reggina dopo il sisma del 1908. Ma chi sono i responsabili della distruzione della storia cittadina, della memoria collettiva e dell’identità dei luoghi?

Certamente la Soprintendenza reggina, che ha tradito la sua mission di tutela e restauro dei beni culturali (perché è fuori dubbio che una storica e centrale piazza di una città non possa non essere considerata come un bene culturale soggetto a tutela). Il progetto di demolizione, infatti, nasce al suo interno per la penna dell’arch. Giuseppina Vitetta, appoggiata dal Segretario regionale del Mic dott. Salvatore Patamia: insieme avevano individuato la linea di finanziamento quiescente e ammontante a cinque milioni di euro.

La stessa Soprintendenza, che aveva posto vincoli a un progetto di restauro da parte del Comune, toglie ora ogni vincolo ed esprime la direzione dei lavori. Tutto blindato, quindi, senza che nessuno possa intervenire. Tranne il Comune, naturalmente, perché alla fine è pur sempre in casa sua che avverranno i lavori demolitivi: ma il Comune dà il parere positivo, naturalmente in segrete stanze e all’oscuro della cittadinanza”.

La Fondazione Mediterranea prosegue nel solco di quanto affermato nel corso degli ultimi mesi e giudica negativamente l’avvio del cantiere a Piazza De Nava.

“Politicamente il principale responsabile è il sindaco sospeso, Giuseppe Falcomatà, che fa sua l’idea della Soprintendenza, coadiuvato dall’allora assessore alla cultura Rosanna Scopelliti. Il testimone, per i noti fatti giudiziari, passa al sindaco f.f. Paolo Brunetti che non è da meno in quanto a responsabilità: mente alla città affermando che la Soprintendenza ha interloquito con la cittadinanza e ne ha recepito le istanze; non ottempera all’impegno, conferitogli unanimamente dal Consiglio Comunale del 31 gennaio 2022, di porre in essere tutte le azioni funzionali al rispetto dell’identità storica della piazza.

Ma non è solo la maggioranza a Palazzo San Giorgio a essere responsabile: lo è anche l’opposizione, che fa il suo mestiere solo quando vi sono in gioco interessi di partito.

Anche nella c. d. società civile vi sono responsabilità: la direttrice del Pau, prof. Francesca Martorano, avalla il progetto; la prof. Marisa Cagliostro, ne elogia la bellezza. Tra i movimenti associativi, solo due: il TCI (che vergogna per una storica istituzione!) e Reggio Bene Comune, politicizzata.

Ma responsabili sono anche tutte quelle associazioni culturali che non si sono volute inimicare il potere e, pur contrarie alla demolizione, non hanno espresso pubblicamente il loro parere, rifugiandosi in un non eticamente accettabile “diritto al silenzio”. Responsabile è anche una certa intellighenzia reggina che non si espone e che, con Sartre, se non è engageé (impegnata) non può che essere malhonnȇte (in mala fede).

E ora? Ci aspettano cinque anni di cantiere aperto in pieno centro storico per portare avanti un crimine urbanistico che non ha eguali nella storia italiana. In conclusione, comunque finirà questa vicenda (che non è conclusa nonostante l’apertura del cantiere), Reggio ne risulterà mortificata, soprattutto per avere una classe politica interessata ai propri affari o stolida e imbelle.

A testa alta ne usciranno tutte le associazioni che si sono pubblicamente schierate a favore della tutela e del restauro conservativo di piazza De Nava (Fai, Legambiente, Urbanisti, Territorialisti, coorte delle associazioni locali, ecc. ecc.) e contro il vulnus democratico che il comportamento della Giunta Comunale ha determinato.

Parliamo di vulnus democratico perché a Reggio, da parte di una politica compromessa con chi ha tradito la propria mission ministeriale, è stato impedito alla società civile di esercitare il proprio il diritto a interloquire con la burocrazia circa la demolizione di piazza De Nava. Il risultato è che le “carte a posto” del burocrate Sudano hanno cominciato a sventrare piazza De Nava.

Giochi ormai fatti? Non è detto: il progetto si può ancora modificare ed è su questo punto che democraticamente si concentrerà l’attenzione di chi porta avanti questa civile battaglia per il rispetto dell’etica politica e dell’estetica urbanistica”.