La Calabria coast to coast: un viaggio tra i profumi e i sapori della nostra terra

Ci aveva già pensato il New York Times a inserire la Calabria tra le mete imperdibili per la gastronomia. Adesso è la volta de "La Cucina Italiana"

Ci aveva già pensato il New York Times a inserire la Calabria tra le mete imperdibili in Italia. E lo aveva fatto con motivazioni prettamente gastronomiche. Anche altre importanti testate internazionali, nel corso degli anni, non hanno fatto che elogiare la nostra terra.

A non essere al corrente delle infinite bellezze di questa regione del sud sono per lo più gli italiani o gli stessi abitanti. Il viaggio alla riscoperta della tradizione culinaria calabrese, questa volta, parte da “La cucina italiana“, il mensile italiano di gastronomia e cultura alimentare, che, in uno speciale dedicato alla punta dello Stivale narra di un bellissimo ‘coast to coast’.

Calabria del nord: peperoncino, zafarana e lavanda

Siamo soliti pensare che in tutta la Calabria si mangi piccante. Invece, non è affatto così. La zona dove si mangia e si produce più peperoncino è in particolare quella a nord, sulla costa, ovvero da Diamante (dove si svolge anche la più grande festa in suo onore a settembre), fino alla provincia di Vibo Valentia dove viene utilizzato per la produzione di ‘nduja.

Nella parte interna, soprattutto nel comune di Tortora, si produce la zafarana, un peperone dolce, simile a quello crusco di Senise, ottimo sia in polvere che fritto in padella (con il baccalà). E poi sempre nella parte a nord della regione si trova parte del polmone verde d’Europa, ovvero il Parco Nazionale del Pollino, dove si produce lavanda in grandi quantità, dando vita ad uno spettacolo meraviglioso di lunghe distese lilla a cielo aperto.

Comunità arbëreshë: Shëtridhlat, Dromsa, Collivi, Panaghie, Picetulit e Pane di Cerchiara

Spostandoci sul lato ionico, si inciampa piacevolmente tra le comunità arbëreshë, ovvero paesi dove sono emigrati dall’allora Arberia, ovvero Albania intorno al 1400 e si sono stanziati in comuni quali Lungro, Civita, Spezzano.

Qui alcuni aspetti tradizionali sono tutt’altro che assopiti: la cultura arbëreshë è ancora molto forte e presente, soprattutto dal punto di vista gastronomico, come si nota in piatti unici quali dromsa o dromesat, ovvero briciole di pasta; oppure Shetridhlat, un impasto che viene lavorato da un gruppo di donne di continuo, formando un cerchio che non si spezza fino al momento di cottura, condito poi coi legumi; o ancora Collivi, Panaghie e Picetulit, cioè grano cotto con spezie e cacao e panini a forma umana preparati in commemorazione dei defunti, una delle feste più importanti che ci sia. Sempre in questa zona, si produce anche il pane di Cerchiara, tra le pagnotte a lunga lievitazione più buone che ci sia, preparata dai panifici locali con l’antico lievito madre naturale.

La Piana di Sibari: riso, olio e clementine

La Piana di Sibari è un luogo talmente bello da sembrare un sogno. Camminate intorno all’Agriturismo Casacchella tra gli ulivi secolari, da cui si ricava uno dei migliori oli d’Italia, fino agli alberi di clementine, che danno frutti dolci e squisiti, oggi IGP. E poi proprio a Sibari si produce un riso che a detta di alcuni è il miglior italiano, un carnaroli coltivato su circa seicento ettari di terreno salmastro, inondati dal fiume Raganello quando discende dal Pollino.

Il Crotonese: Finocchio d’Oro, Pecorino DOP e Pane di Cutro

In quei cinque mila ettari di fascia ionica che vanno da Strongoli a Botricello, nella zona di Isola di Capo Rizzuto, si produce da almeno 160 anni un finocchio speciale, senza filamenti e con un aroma molto persistente. Venduto in tutto il mondo, viene chiamato “d’oro” perché rappresenta un’importante risorsa economica per il territorio, una vera miniera. Negli ultimi dieci anni, soprattutto grazie al lavoro del Comitato Promotore e del suo Presidente Aldo Luciano, stanno cercando di valorizzarlo molto anche in cucina, collaborando con alcuni chef come Natale Pallone del ristorante Ruris di Isola di Capo Rizzuto, che lo prepara gratinato, abbinato al Pane di Cutro e amalgamato con il Pecorino Crotonese DOP, altre due grandi unicità dell’area. E pensate che questo piatto è stato anche notato, citato e apprezzato dal New York Times.

Catanzaro: morsello o morzello alla catanzarese e pitta

Poco estivo e tendenzialmente per stomaci forti, “u morzeddhu cu a pitta” è un piatto molto antico, diffuso nella provincia di Catanzaro. Si prepara con interiora, trippa e quinto quarto che vengono prima tagliati a listarelli e poi fritti con olio, pancetta, cipolla, peperoncino, concentrato di pomodori, vino rosso e origano. Solitamente si abbina con la pitta, un tipico pane di Catanzaro con poca mollica e con una forma simile a una ciambella schiacciata, che si utilizza spesso anche insieme ad altri piatti.

Un triangolo unico: ‘nduja, cipolla, pecorino, fagioli, tartufo, tonno e fileja

Per quanto possa essersi ormai diffusa dentro e fuori i confini regionali, la ‘nduja in realtà è solo di Spilinga. Qui si svolge in suo onore la più antica sagra calabrese che ci sia, ogni 8 agosto dal 1975, anche grazie al fatto che ogni famiglia alleva e macella ancora almeno un maiale. C’è da dire che Spilinga si trova in una Calabria unica in quanto a produzioni: vicino a Nicotera, città di riferimento per la Dieta Mediterranea; a Tropea e alla sua cipolla rossa, famosa per dolcezza e digeribilità; al Monte Poro, al suo pecorino e “a sujaca nta pignata“, ovvero i fagioli cucinati nel coccio di Caria (da cui una splendida sagra). Ma non finisce qua: la vicina Pizzo è degna di nota sia per una storica pesca del tonno; sia per il tartufo dolce, ovvero il gelato che viene servito in tutti i bar della piazza centrale. Pasta della zona è la fileja, che si condisce appunto con tutti questi prodotti (fagioli, pecorino, tonno).

La Piana di Gioia Tauro e di Rosarno: kiwi, agrumi e struncatura

Anche qui, come nella Piana di Sibari, si producono agrumi in quantità, tra cui limoni e clementine, ma anche una grande quantità di kiwi, di una qualità nettamente superiore rispetto a quelli importati. Protagonista indiscussa della cucina della Piana è la stroncatura: una pasta fresca tipo fettuccelle alte, prodotte con crusca, farina di carrube, segale e acqua, conditi tradizionalmente con acciughe, aglio, olio extravergine di oliva e peperoncino. Il nome deriva da struncaturi, che in dialetto indica gli scarti di farina e crusca della molitura del grano che restavano a terra, per questo per un periodo venne anche proibita. Da provare assolutamente la versione della “Struncatura De Gustibus” a Palmi.

Lo Stocco di Mammola

Stocafisso con pomodoro, cipolla, capperi, olive, peperoncino e patate è un must di Mammola, che vale la visita anche per il MuSaBa. Si tratta di un parco artistico unico al mondo, con opere d’arte e monumenti dai mille colori, creato dagli artisti Nik Spatari e Hiske Maas. Tornando allo stocco, pare che sia diventato il piatto tipico secondo questa leggenda: dopo un terribile terremoto, arrivò un bastimento norvegese carico di stoccafisso, che i marinai del nord decisero di devolvere al paese in difficoltà. E da quel momento in poi non si sono mai separati da questa tradizione.

Scilla e Reggio Calabria: non solo pesce

Sia a Scilla che a Reggio Calabria sono presenti due cucine di mare, in particolare con cozze e pesce spada, che si pesca storicamente nel vicino Stretto di Messina. Ma in realtà non solo: la cucina reggina comprende anche il consumo di carne, soprattutto di maiale. In occasione della festa della Madonna, la seconda settimana di settembre, si preparano le frittole, ovvero si fa cuocere il maiale nel suo grasso per otto ore intero con tutte le sue parti, interiora comprese, ma non finisce qua. Una volta cotto, sul fondo della pentola restano tutti gli scarti indefiniti, detti i “curcuci”, che vengono poi saltati in padella con un uovo sbattuto.

In Aspromonte: maccaruni e formaggi, fichi e bergamotto

“Noi de La Cucina Italiana non abbiamo mai nascosto il nostro amore per l’Aspromonte, una terra spettacolare, dove ancora regna un’atmosfera vera, autentica, che ha qualcosa di originario non solo della Calabria, ma di tutta Italia”.

Qui, infatti, in alcuni paesi si parla ancora il greco antico e si preparano semplici paste fatte in casa, con sugo al pomodoro, come i maccaruni. E da un pò di tempo a questa parte, grazie al lavoro di alcuni illuminati, si stanno sottraendo terreni all’edilizia e ad altro, per ridarli al pascolo e agli animali, con una rinnovata produzione di formaggi come il caciocavallo di Ciminà; e a coltivazioni quali fichi e bergamotto.

Infine, non dimentichiamo che in tutta la regione si producono ottimi vini a partire da vitigni locali quali gaglioppo o magliocco.