Affaire De Nava, Vitale risponde a Castrizio: 'Affermazioni generiche e fumose'

Il Presidente della Fondazione Mediterranea replica alle dichiarazioni dell'archeologo intervenuto ai microfoni di CityNow sul restyling di piazza De Nava

Riceviamo e pubblichiamo la risposta di Vicenzo Vitale, Presidente della Fondazione Mediterranea riguardante l’intervento del prof. Daniele Castrizio ai microfoni di CityNow.

La replica di Vitale a Castrizio

“Avrei voluto, nel confutare le affermazioni di Daniele Castrizio, scrivere una sorta di Contre Saint-Beuve. Ma io non sono Marcel Proust né tantomeno Castrizio è Saint-Beuve, per cui mi limiterò a volare basso. Che vi siano dei conflitti di interesse, naturalmente non in senso giudiziario, tra i sostenitori della demolizione di piazza De Nava, è un fatto di tate plateale evidenza che non necessita di ulteriori approfondimenti. Ne ho già parlato e riparlarne mi esporrebbe alla critica accanimento dialettico, la qual cosa non mi aggrada. Andiamo oltre, quindi, e stendiamo un pietoso velo sulle umane debolezze e inclinazioni al “servo encomio” (mi si conceda la citazione manzoniana in occasione del bicentenario napoleonico).

Più che confutare le affermazioni del prof. Castrizio, che ritengo un po’ troppo generiche e fumose da poter essere oggetto di dibattito, mi limiterò a un rapido cenno ad alcuni capisaldi di urbanistica.

Il termine “restauro”, presente nel titolo del progetto e senza del quale il finanziamento sarebbe un sogno, collide in maniera insanabile e frontale con il termine “demolizione”, chiaramente espresso nel progetto a proposito della piazza. D’altronde, il nessun testo di architettura, sottolineo nessuno, si prevede una demolizione di un sito storicizzato spacciata per restauro. È una contraddizione interna che fa crollare, lei da sola senz’altra aggiunta, tutto l’impalcato progettuale. Potrei fermarmi qui, e lo faccio: perché mi sembra giunto il momento di lasciare la parte le parole e far parlare solo i fatti. E i fatti sono costruiti con la storia cittadina e la memoria collettiva; e sono questi fatti che ci dicono, con la loro forza interna, che la demolizione di un manufatto storico non è mai espressione di quel “bello e buono” cui dovrebbero tendere le persone di cultura”.