"Falcomatà e Irto mi hanno tradito". Albanese si infuria e dice addio al Pd

"Mimmo Battaglia, che ha preso il mio posto in Giunta, stava alla finestra e non muoveva un muscolo", la bordata dell'ex assessore. Irto e Falcomatà scelgono il silenzio

Rocco Albanese come il Ponticello sul Calopinace. Fedele all’opera che Reggio Calabria attende da anni, l’ex assessore ha fatto trascorrere diverse settimane prima di rilasciare le prime dichiarazioni dal siluramento di Falcomatà. Albanese, ai microfoni di Gazzetta del Sud, si è detto amareggiato per il trattamento subito e pronto a ripartire, seppur con una nuova casacca.

“Dopo 59 anni di politica in prima linea, sono costretto mio malgrado a lasciare il PD. Ma non lascio la politica, che è la mia vita. Ho capito che la priorità del PD reggino e calabrese è solo quella di fare quadrare i conti tra le correnti al suo interno, basti pensare che dopo l’ultima interpartitica il Pd ha abbandonato anche i Psi e i Dp di Nino De Gaetano.

Io ho lavorato per anni per fare qualcosa di buono per la città e la gloria del giovane sindaco, ma non è servito. Ogni sacrificio è stato calpestato, ogni sforzo cancellato. Mi hanno preso in giro fino alla fine“, ha tuonato l’ex assessore.

Albanese dunque sceglie una via, tra gli assessori costretti a salutare, molto più simile a quella durissima intrapresa da Angela Martino, con Irene Calabrò che seppur amareggiata  ha preferito non calcare la mano e Francesco Gangemi invece che è stato decisamente il più soft, con parole al miele verso il primo cittadino.

Le diverse reazioni, con quelle più gelide interne ai dem, confermano che è proprio con il Pd che Falcomatà ha dovuto fare maggiormente i conti, una guerra che ha lasciato per strada diversi feriti e non esclude ripercussioni future.  Da parte dell’ex assessore, una stilettata riservata anche a Mimmo Battaglia, a differenza sua rimasto all’interno della giunta.

“Rocco Albanese era sacrificabile per salvaguardare gli interessi di Irto e Falcomatà. Io ho raccolto voti per far rieleggere il Sindaco, ho lavorato duro, mentre Mimmo Battaglia, che ha preso il mio posto in Giunta con la benedizione del PD, stava alla finestra e non muoveva un muscolo. Ma evidentemente lui fa parte della corrente giusta. Mi sono sentito maggiormente tradito dal Sindaco Falcomatà e dal senatore Irto”, l’infuocata bordata di Albanese.

Raggiunti telefonicamente da CityNow, i tre obiettivi delle invettive di Albanese (Falcomatà, Irto e Battaglia) hanno gentilmente declinato l’invito a replicare alle durissime affermazioni dell’ex assessore.

Seppur nell’incredibile e tragicomico balletto per la composizione della giunta durato tre mesi sia accaduto di tutto, la posizione di Albanese era già chiara dall’inizio. Su queste pagine, in diverse circostanze abbiamo riportato di come l’allora assessore ai Lavori Pubblici fosse tra i principali indiziati a dover salutare.

“Francesco Gangemi (Personale e Tributi), Rocco Albanese (Lavori Pubblici), Giuggi Palmenta (Polizia Municipale) e Irene Calabrò (Bilancio) i 4 attuali assessori che più di tutti gli altri sembrano essere ai saluti”. Così scrivevamo già lo scorso 19 ottobre, addirittura ancor prima della sentenza di assoluzione nel Processo Miramare.

Nessuno dei 4 nomi indicati da CityNow oggi fa parte della Giunta del terzo tempo, non c’è stato bisogno della palla di vetro ma è un’indicazione più che evidente di come Falcomatà avesse già le idee chiare in merito alle caselle da modificare ancora prima di fare il suo rientro a Palazzo San Giorgio.

Lo stesso Albanese però, nel corso delle settimane continuava a credere nella riconferma, figlia a suo dire di un risultato elettorale che lo ha visto tra i primi eletti. Rivendicazioni del tutto legittime, ma che sbattevano fragorosamente nel muro delle convinzioni di Falcomatà, come poi è puntualmente accaduto.

“Lo scorso 31 dicembre, il sindaco mi chiamò per firmare l’accettazione come assessore, gli risposi che non potevo perché mi doveva dare il via libera il partito. Nello spazio di pochi giorni tutto è cambiato.

Ho chiesto un incontro al PD ma nessuno mi ha risposto. Poi, dopo che stata varata la nuova Giunta, mi ha chiamato Falcomatà per dirmi che gli dispiaceva molto ma che per me non c’era posto nell’esecutivo e tuttavia mi avrebbero tutelato con un altro incarico. Ma non c’è stato nessun incarico, si sono dimenticati di me”.

Le dichiarazioni odierne di Albanese sono da allegare alla rovente notte successiva all’ultimo consiglio comunale del 2023, con lo strappo totale tra le parti e Falcomatà pronto a procedere in autonomia con una giunta del sindaco, idea abortita sul nascere. Prima e dopo però non c’è mai stata davvero una possibilità di riconferma per l’ex assessore ai lavori pubblici.

Da una parte, decisive le convinzioni di Falcomatà (come riportato, ancor precedenti rispetto alla sentenza di assoluzione), dall’altra hanno influito anche le mancate ‘coperture’ interne al Pd, con i dem che mai hanno spinto per una conferma di Albanese. Condannato sul nascere quindi alla stessa sorte di Delfino, Martino, Gangemi, Calabrò e Palmenta.

L’esperienza di Albanese a Palazzo San Giorgio si è conclusa così in modo traumatico e senza completarsi: un pò come il ponticello sul Calopinace…